Categoria: | Quaderni |
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Il movimento cattolico pugliese (1881-1904)
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Quanti motivi per cimentarsi nella stesura di un testo su una tradizione religiosa così sentita nell’Italia Meridionale ed Insulare come quella della Processione del Venerdì Santo, ed in particolare nel proprio paese d’origine, Carbonara di Bari! Se ne possono stratificare diversi ed ognuno valido per quante volte è valido ciò che l’uomo ama di se stesso, della propria storia e della storia della propria gente, sia come ricordo che come osservazione del contemporaneo.
E volendo iniziare proprio da questo aspetto, un motivo può essere quello che la modernità non riesce ancora (e non potrà mai farlo) a cancellare del tutto le espressioni della devozione popolare. Al limite, le può solo modificare, come dice Francesco Pepe, ma la “sostanza”, il “core virale”, rimane denso e radicato.
Importanti, poi, possono essere i motivi che potremmo definire semplicemente “personali”, se non proprio “intimi”. Essi nascono da un vissuto di condivisione di lingua, costumi, luoghi o semplici momenti della vita di ogni giorno, con gente la cui voce in apparenza non sembra abbia pronunciato grandi parole.
Nel seguire la Processione del Venerdì Santo (a Carbonara di Bari come in ogni altra località del nostro territorio), si rivive la storia della nostra religiosità, sia nella raffigurazione scenica sia nell’aspetto antropologico altamente significativo e coinvolgente per la sopravvivenza di una Comunità.
Il volume raccoglie essenzialmente i contributi di una giornata di studio organizzata dall'associazione culturale LEND di Bari, nella sede del Monastero Colonna di Trani in data 28 aprile 1995. Esso nasce dalla volontà di favorire un collegamento teorico-pratico fra Università e scuola secondaria e fonda orientamenti ministeriali, riflessioni teoriche e percorsi di pratica didattica scaturiti nell'incontro di studio.
Gli interventi a firma di V. Marrone e G. Claudio delineano una razionalizzazione dei dettati istituzionali in percorsi riconoscibili e afferenti specificatamente all'insegnamento della letteratura di lingua straniera. Le proposte della commissione Brocca, i suoi obiettivi, i suoi aspetti strutturali costituiscono in modo diverso l'argomento dei due interventi.
Le letture critiche che seguono (a firma di A. Sportelli, M. Stagi Scarpa, L. Adams e E. Mulligan, Ch. Williams, V. Cleverton, K. Flynn, P. Carroll e V. Intonti) si offrono come percorsi metodologici aggiornati, relativi alle problematiche specifiche delle tre grandi ripartizioni di prosa (romanzo e short story), poesia e teatro e investono la comparatistica testuale, culturale e fra letteratura e le altre arti, permettendo così l'interazione di differenti competenze e di più discipline. Una menzione a parte merita la strutturazione di ciascun intervento che si avvale di tavole, diagrammi e di un apparato di note esplicative e bibliografiche.
La bibliografia, in coda a ciascun intervento, si pone come bibliografia ragionata, laddove il volume considerato lo giustifichi per particolare utilità didattica o per fondamentale apporto alla trattazione dell'argomento in oggetto.
Il volume, realizzato da dottorandi e dottori di ricerca del Dipartimento di Studi Anglo-Germanici e dell’Europa Orientale dell’Università di Bari, include un’ampia tipologia di testi e di problematiche inerenti sia alla traduzione letteraria (contributi di Giovanna Epifania, Michele Salamina, Margherita Ippolito, Maria Giovanna Nigro, Lorena Carbonara, Marija Bergam, Angela Teatino) che alla traduzione specializzata (contributi di Paola Gaudio, Floriana Palladino, Vita M. Mastrosilvestri) e di saggistica varia (contributi di Roberta De Santis, Maria Cristina Consiglio, Francesco Faniello) nella misura in cui tali campi di indagine sono realmente delimitabili.
I materiali sono organizzati in due parti: nella prima, “Traduzione”, sono inclusi otto studi chepropongono altrettante riflessioni su specifiche problematiche interpretative; nella seconda, “Traduzioni”, sono raccolte cinque prove di traduzione presentate a fronte del testo originale in considerazione del carattere bidirezionale dell’atto traduttivo.
I saggi qui raccolti hanno una tendenza e una vocazione: tenere aperta la lettura dei testi letterari a suggestioni, esperienze, ipotesi critiche di ordine intertestuale e interdisciplinare. Il volo della strega e la Francia: il titolo è referenziale (designa specificamente il saggio sulla Médée di Corneille), ma vuol essere anche una figura che consenta di collegare le diverse parti del volume, le “disjecti membra poetae”, la cui unità si può ritrovare con sguardo superiore, dicasi ‘magico’. L’ispirazione ‘antropologica’ è una scoperta e una scelta. Le categorie secondo le quali i saggi sono distribuiti (Alimentazione, Magia, Coesione, Parentela) chiariscono agli assi dominanti delle analisi, si tratti di S. Nicola di Bari e di Lorena, della Médée di Corneille e del fenomeno della stregoneria, del sud “napoletano” di Stendhal, di Jules Verne o di Proust, di King Kong, o di altro ancora.
Pur nella consapevolezza della reale composizione strutturale dell’Immagine Sacra – un semplice manichino –, il prenderne atto rafforza il rapporto di figliolanza con l’Idea rappresentata dall’Immagine. Ogni nuovo atteggiamento – di attenzione, di cura – produce un senso di umana familiarità tra chi lo produce e Chi da quella Immagine è rappresentata in terra.
La scoperta di una cultura storica che sino a qualche anno fa sembrava irrimediabilmente proibita dall'incuria. Una rigorosa, fedele e documentata ricostruzione della storia più antica del vecchio casale di Bitritto, e dell'organizzazione della vita sociale, economica, religiosa, civile che si svolgeva entro le sue mura, all'ombra di un castello recentemente restaurato e reso agibile e fruibile. Un esempio emblematico di come si possa far storia di un piccolo borgo senza indulgere a grossolane e campanilistiche deformazioni.
È possibile parlare di un surrealismo italiano nelle arti visive negli anni tra le due guerre? Quale fu la risposta della nostra cultura artistica alla poetica e all’ideologia elaborata in quegli anni da Breton e compagni? A queste domande il libro vuole rispondere smentendo in particolare molti luoghi comuni riguardanti alcuni artisti italiani definiti “presurrealisti”, “parasurrealisti”, “surrealisti” essi stessi. Un’analisi rigorosa dell’opera pittorica e teorica di Alberto Martini, Licini, Prampolini, De Chirico e Savino li riconduce, infatti, ad uno specifico ideologico spesso molto distante dall’idea più ortodossa del surrealismo francese. La conoscenza del movimento d’oltralpe – che pure in molti intellettuali italiani era ricca ed approfondita – nella nostra realtà venne calata, però, in un contesto culturale restio, in quegli anni, ad estendere le proprie frontiere teoriche ed artistiche verso la psicoanalisi o il marxismo, né tanto meno disposto a modificare il ruolo dell’artista inteso solo come vate superiore ed inafferrabile, separato ed astratto. Documenti e testimonianze, scelti dall’autrice dal 1925 al 1940, aiutano a comprendere le reazioni della cultura italiana di fronte al movimento francese: alcuni episodi dell’arte italiana tra le due guerre vengono così ricondotti alle loro matrici più autentiche, liberati da falsi complessi di dipendenza dall’avanguardia europea. E se anche da questa, talvolta, un Prampolini o un Savino hanno tratto schemi e moduli linguistici, quasi sempre li hanno inseriti in un contesto ideologico autonomo e complessivamente estraneo al dibattito surrealista.
Questa pubblicazione, che si configura come uno zibaldone a più mani piuttosto difforme, vuole essere una testimonianza di affetto e riconoscenza nei confronti di Vito Bellomo, da parte di amici e colleghi.
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