Categoria: | Quaderni |
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Il movimento cattolico pugliese (1881-1904)
12,91 €
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Il volume, realizzato da dottorandi e dottori di ricerca del Dipartimento di Studi Anglo-Germanici e dell’Europa Orientale dell’Università di Bari, include un’ampia tipologia di testi e di problematiche inerenti sia alla traduzione letteraria (contributi di Giovanna Epifania, Michele Salamina, Margherita Ippolito, Maria Giovanna Nigro, Lorena Carbonara, Marija Bergam, Angela Teatino) che alla traduzione specializzata (contributi di Paola Gaudio, Floriana Palladino, Vita M. Mastrosilvestri) e di saggistica varia (contributi di Roberta De Santis, Maria Cristina Consiglio, Francesco Faniello) nella misura in cui tali campi di indagine sono realmente delimitabili.
I materiali sono organizzati in due parti: nella prima, “Traduzione”, sono inclusi otto studi chepropongono altrettante riflessioni su specifiche problematiche interpretative; nella seconda, “Traduzioni”, sono raccolte cinque prove di traduzione presentate a fronte del testo originale in considerazione del carattere bidirezionale dell’atto traduttivo.
Racconti (letteralmente “storie”) Criminali. Il titolo già spiega in parte il contenuto di questo saggio: si tratta di un’analisi approfondita del significato del termine “storia criminale”. Nello stesso tempo viene fatto riferimento all’origine e alla storia della “Kriminalgeschichte” (etimologia), del “Kriminalroman” e della “Detektivgeschichte” a partire dalla letteratura medievale del “Schafott” (patibolo, ghigliottina) fino ai nostri giorni. Vengono presi in considerazione le diverse tipologie della struttura della Kriminalgeschichte e della Detektivgeschichte, la differenza tra l’una e l’altra, e la funzione della “suspense”. In ultimo vengono esaminati il ruolo e le caratteristiche dei vari protagonisti/antagonisti dei racconti appartenenti al genere “criminale”o, con espressione più adeguata ai nostri tempi, al cosiddetto “giallo”.
La corporeità è il filo conduttore dei quattro saggi proposti, che vanno da uno studio della danza come scrittura ed elaborazione segnica evidente in Il corpo che scrive danzando, ad una corporeità come dannazione, involucro in cui siamo rinchiusi, nella libera sceneggiatura della favola di Andersen Le scarpette rosse, passando dal corpo sinuoso dei gatti del musical Cats, allegri, gioiosi ma anche schivi e restii al contatto in Il segreto della magia di Cats, fino alla corporeità come canale comunicativo privilegiato all’interno del rapporto terapeuta-paziente analizzato in Il corpo in analisi.
Al di là di ogni impostazione dettata dalla razionalità, saranno le componenti emotiva e corporea a determinare le nostre azioni e a guidarci, fuggendo da ogni tentativo di tenere tutto sotto controllo.
Quello che si propone è un volo radente fino a sfiorare questo mondo che spaventa in quanto incontrollabile, ma che ci appartiene più di quanto possiamo immaginare.
Le “Cronache dal Belgio” colpiscono il cuore giovane di chi viaggia, osserva e cresce attraverso altre realtà. Sono uno specchio che riflette uno sguardo lucido.
Bari non è lontana da Bruxelles, ma è distante dalle certezze dei luoghi conosciuti, dal calore degli affetti, dai legami di sempre. È proprio il distacco a divenire ricerca, luogo interiore della crescita personale.
In questi racconti di viaggio, attraverso volti e città, usanze e luoghi, s’intrecciano gli eventi, che diventano una chance in più verso il futuro.
Le tante voci diverse sono rappresentate dalla quotidianità dei gesti, da momenti fissati attraverso gli scatti fotografici, scanditi dalla minuziosità del ripercorrere il tempo come fosse un diario, per suggellare il ritmo dei giorni. Non c’è una meta in questo narrare, Milella offre al lettore e a se stessa un percorso di vita da guardare e ascoltare, esperienza di un vissuto comune a un’intera generazione.
I saggi qui raccolti portano su diversi livelli di discorso. È preminente quello della magia e della scienza attraverso le pratiche letterarie e in relazione con queste (nel teatro, nel romanzo, nella poesia e nelle riflessioni filosofiche), ed esso rivela la 'tentazione' antropologica nella lettura critica. Il secondo livello mette in evidenza problemi culturali che fanno da sfondo a specifiche opere letterarie dell'Ottocento francese (la gastrologia, l'erotologia). Il terzo, infine, offre all'analisi testuale particolari approdi nel campo della traduzione letteraria (La Fontaine, Césaire) e in quello della scrittura della scienza (Cabanis e Zola). Esorbitante rispetto a questi tre livelli, e in realtà filo che li percorre tutti, è il tema della popolarità. Esso conduce ai Mots di Sartre. Infatti, se la scrittura è segno magico, è il popolare che ne recupera il senso nella pratica letteraria.
Nerval e Baudelaire, accostati in questo volume, sono colti in alcuni loro segreti: di stile, di mitologia personale, di ideologia. Si tratta di un'operazione critica che va oltre l'evidenza dell'esercizio, nel quale sempre si ritrova l'aspetto “occulto”, il significato particolare ascoso, perlopiù sfuggito o venuto ormai a maturazione in virtù di una nuova coscienza critica. Questo esercizio non viene dismesso, ma s'è voluto portare alla luce ciò che richiedeva diverse chiavi di approccio per essere svelato o una curiosità seguita o caparbia.
Segreti/ritratti: poteva essere questa l'indicazione delle categorie su cui più distesamente lavora qui l'autore. Segreti che sono stati (finalmente) ritratti, ma anche segreti e ritratti in relazione semplice, di concetto e di mezzo e modo di riproduzione, di immagini, persone e luoghi. L'uno e l'altro caso dell'interpretazione si danno nel volume, anche con l'ausilio di analisi stilistiche, oltre che fotografiche e iconografiche. Tra le “rivelazioni” (per l'autore): alcune illustrazioni delle Fleurs du Mal, di epoche diverse. Sconvolgente (“represso” nella critica), l'antisemitismo figurale nei Sept Vieillards di Baudelaire. Quanto a quelli di Nerval: alcuni segreti “napoletani” e numerologici.
La poesia è carica di “maledizione”. Nerval e Baudelaire ne sono stati portatori, dolenti ed esigenti. Con qualche motivo di scandalo letterario e morale.
Quanti motivi per cimentarsi nella stesura di un testo su una tradizione religiosa così sentita nell’Italia Meridionale ed Insulare come quella della Processione del Venerdì Santo, ed in particolare nel proprio paese d’origine, Carbonara di Bari! Se ne possono stratificare diversi ed ognuno valido per quante volte è valido ciò che l’uomo ama di se stesso, della propria storia e della storia della propria gente, sia come ricordo che come osservazione del contemporaneo.
E volendo iniziare proprio da questo aspetto, un motivo può essere quello che la modernità non riesce ancora (e non potrà mai farlo) a cancellare del tutto le espressioni della devozione popolare. Al limite, le può solo modificare, come dice Francesco Pepe, ma la “sostanza”, il “core virale”, rimane denso e radicato.
Importanti, poi, possono essere i motivi che potremmo definire semplicemente “personali”, se non proprio “intimi”. Essi nascono da un vissuto di condivisione di lingua, costumi, luoghi o semplici momenti della vita di ogni giorno, con gente la cui voce in apparenza non sembra abbia pronunciato grandi parole.
Nel seguire la Processione del Venerdì Santo (a Carbonara di Bari come in ogni altra località del nostro territorio), si rivive la storia della nostra religiosità, sia nella raffigurazione scenica sia nell’aspetto antropologico altamente significativo e coinvolgente per la sopravvivenza di una Comunità.
Pur nella consapevolezza della reale composizione strutturale dell’Immagine Sacra – un semplice manichino –, il prenderne atto rafforza il rapporto di figliolanza con l’Idea rappresentata dall’Immagine. Ogni nuovo atteggiamento – di attenzione, di cura – produce un senso di umana familiarità tra chi lo produce e Chi da quella Immagine è rappresentata in terra.
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