“Fermare un uomo per la strada e parlare tranquillamente con lui non è così difficile come il dover dire qualcosa camminando ad un passante, senza fermarsi né fermare l’altro, senza spingerlo a fare la stessa via ma spingendolo, anzi, a camminare per la propria via”, S. Kierkegaard.
Nel cammino della vita, tra ciò per cui si è portati e ciò a cui si è destinati, si presentano diverse vie. E chi, in questo percorso verso la realizzazione di sé e della propria identità personale, non ha sentito almeno una volta la necessità di una bussola? Antonietta Parente, autrice del volume Una scuola inclusiva, individua tale bussola nella pedagogia e, ancor più, in quel contributo educativo autentico e autenticante delle istituzioni scolastiche, in sinergia con l’apporto educativo delle famiglie e della comunità. Tuttavia, per far sì che questo sia effettivo, è necessario che chi voglia intraprendere o percorrere la meravigliosa e complessa professione di insegnante riscopra la soggettività e l’alterità, al fine di poter aiutare ciascuno nella realizzazione della propria autenticità attraverso l’impegno auto-affermativo.
Il riferimento è all’esigenza, dunque, di un “nuovo umanesimo”, che faccia riscoprire il valore della persona come singolarità irripetibile con un’identità che si costruisce nella relazione con l’alterità. In tal modo, infatti, non può che originarsi un’educazione inclusiva, la cui proposta progettuale è finalizzata a promuovere la costruzione di identità autentiche, aperte al confronto e alla diversità (vista come espressione di valore e ricchezza).
Un indicatore chiave di questa qualità, in ambito scolastico, si individua nella professionalità del docente specializzato per il sostegno che, insieme alla professionalità riflessiva di tutti i docenti e al personale scolastico ed extrascolastico, contribuisce a creare una rete di relazioni significative (con i colleghi, gli educatori, il personale assistenziale, i familiari, gli operatori socio-sanitari) che origineranno un vero e proprio patto operativo atto a migliorare la qualità dell’inclusione e a far andare la proposta educativa in una direzione progettuale che pone al centro l’uomo: un uomo che, come sappiamo, non si realizza isolatamente ma con gli altri e per mezzo degli altri; è, infatti, nel rapporto con gli altri che si esprime, prende coscienza di sé e delle proprie possibilità. Importante è, quindi, il riconoscimento da parte di ciascuno dell’alterità, nonché la disponibilità all’incontro.
Da questo punto di vista, quindi, non si può tralasciare il fatto che educare vuol dire sollecitare, stimolare, far esplodere le potenzialità e i dinamismi interiori per poi ricomporli, integrandoli nella struttura dell’io persona, che avanza verso una migliore consapevolezza di sé e una migliore integrazione con l’ambiente. Per tale motivo la relazione educativa richiede responsabilità, speranza e impegno continuo non solo da tutto il sistema formativo scolastico, ma anche da quello extrascolastico (famiglia, associazioni, mass media), così da potersi espandere nelle due direzioni di cui prima: quella dell’identità e quella dell’alterità. L’educatore, infatti, è colui che sa e vuole cogliere lo spirito dell’educazione anche negli anfratti più intimi e nascosti della personalità, non solo degli altri ma anche sua; lo spirito dell’educazione è costantemente proiettato nella categoria del possibile, dell’attingibile, dell’educabile. Quanto affermato rende quindi possibile la realizzazione di una scuola inclusiva a patto, però, che i principi della stessa si concretizzino in una quotidianità in cui ognuno sia differente e abbia il diritto a realizzare con successo sé stesso, indipendentemente dalle sue origini, difficoltà e diversità. Una scuola inclusiva, infatti, è possibile solo qualora ci sia la consapevolezza del valore di ciascuno, nonché l’impegno finalizzato all’esplicarsi delle potenzialità individuali e del progetto di vita di ciascuno.
Ma quali sono gli indicatori di qualità di una scuola inclusiva?
Una scuola inclusiva di qualità:
- è attenta a promuovere il valore dell’identità personale di ciascun alunno, compresi gli alunni con bisogni educativi speciali;
- riflette sulla differenza, che diviene ricchezza, facendo realizzare ognuno nel rispetto di tale differenza;
- riconosce e rispetta la diversità, così da non obliare né l’umanità né il valore presenti in ogni persona;
- è attenta al modo in cui vengono attuate integrazione e inclusione, rendendo effettiva la fruizione del percorso formativo dell’alunno diversabile (legge 104/92);
- cerca e permette la collaborazione a vari livelli sia tra i docenti che tra scuola, famiglia e strutture sanitarie (importanza del PEI);
- favorisce un clima culturale (metodi e atteggiamenti) che influenzano la percezione che il disabile può avere di sé stesso;
- assume atteggiamenti propositivi nel valorizzare le potenzialità e le possibilità dello studente;
- è costituita da insegnanti e insegnanti di sostegno che vivono e fanno propria la pedagogia della speranza, motivati e motivanti, agendo con ottimismo pedagogico al fine di consentire all’educando una progettualità futura attraverso forme di insegnamento attivo che sviluppino la meta-cognizione e la meta-emozionalità;
- rivolge l’organizzazione delle risorse e gli investimenti all’intero contesto in cui è inserito l’alunno disabile, coinvolgendo tutta la classe e tutta la scuola;
- considera tutte le difficoltà educative-apprenditive degli alunni che necessitano di una didattica personalizzata;
- assume decisioni strategiche per occuparsi di tutti gli alunni e accorgersi in tempo delle difficoltà, rispondendo in modo inclusivo.
Le sfide della scuola del terzo millennio, dunque, sono:
- curare e valorizzare le eccellenze;
- promuovere il benessere educativo di tutti attraverso azioni di sensibilizzazione;
- allearsi con le famiglie e con la comunità;
- attivare una didattica personalizzata;
- utilizzare strumenti innovativi;
- stimolare la formazione continua del personale scolastico.
Certamente esse ancora non sono state vinte o superate del tutto, e ciò perché promuovere un ambiente educativo inclusivo presuppone non solo la consapevolezza degli aspetti culturali e dei principi propri della logica dell’inclusione, ma anche la capacità, la volontà e le competenze professionali in grado di concretizzare i buoni propositi e promuovere la motivazione intrinseca: in sostanza, promuovere l’autodeterminazione, rendendo gli alunni protagonisti e valorizzando la risorsa “compagni”. Ciò che è necessario, dunque, è la costruzione di una vera e propria rete al fine di pianificare, migliorare le proprie azioni e condividere strategie, così da raccogliere e diffondere buone pratiche.
Percorrendo, poi, tutta l’evoluzione culturale e legislativa di cui siamo stati e siamo protagonisti, attraverso un breve excursus storico-normativo dall’esclusione alla valorizzazione della diversità, fino alla recente normativa sui BES, analizzando le caratteristiche di una realtà scolastica sorretta da una logica inclusiva, l’autrice illustra l’evoluzione del ruolo dell’insegnante di sostegno, definendone profili, compiti e prospettive. Questa, infatti, è ormai diventata una figura che assume compiti nuovi aventi un’influenza positiva sul rapporto scuola-società, e non viene più vista come “l’angelo custode” del minore. Nel definire la professionalità dell’insegnante di sostegno, infatti, si sottolinea che egli è prima di tutto un insegnante, con dignità equivalente ai docenti curricolari e contitolare della classe in cui opera: per questo motivo rappresenta una preziosa risorsa sia per la classe sia per la scuola, in quanto possiede determinate conoscenze che possono dare alla scuola la possibilità di attuare varie forme di sostegno. Si tratta, insomma, di una figura che può esplicitare una professionalità funzionalità plurima, una professionalità complessa e poliedrica, fonte di aiuto e supporto anche per la famiglia dell’alunno disabile, che spesso appare sconvolta e caratterizzata da stati d’animo contraddittori. Per tali motivi egli deve riuscire a coniugare la “vocazione per l’umano che è in ciascuno” e la “professionalità competente”, assicurando il successo educativo di tutti.
Tra i compiti principali dell’insegnante di sostegno ci sono il coordinamento del progetto di integrazione, la compilazione dei documenti specifici (PDF, PEI) in collaborazione anche con le altre figure non docenti presenti nel contesto scolastico (operatori USL, famiglie, operatori dell’extra-scuola), le verifiche e le osservazioni costanti finalizzate a un’adeguata e corretta valutazione formativa attenta alle competenze acquisite, alla loro generalizzazione e al loro grado di mantenimento nel tempo. A questo proposito è importante ricordare che gli interventi di sostegno devono essere aggiuntivi e non sostitutivi delle attività curricolari, e la programmazione individualizzata che viene proposta deve essere finalizzata al conseguimento di obiettivi di autonomia, alla conquista degli strumenti culturali basilari a seconda delle potenzialità, dei tempi e dei ritmi dell’alunno, prevedendo metodologie e strumenti diversificati nonché mediatori didattici differenti.
Le riflessioni educative e pedagogiche sottolineano l’importanza di un’educazione olistica che possa far comprendere il senso autentico della vita e l’importanza della cura dell’altro: in questa prospettiva la scuola, attraverso l’ascolto, il dialogo, le conversazioni, le storie, il gioco, la routine quotidiana, l’ambiente fisico e psicologico, rappresenta un impegno comune di educatori ed educandi verso la comprensione reciproca, una convivenza pacifica e le relazioni di cura. Soprattutto appare evidente, con la consapevolezza che la progettualità esistenziale riceve solide basi solo se si realizza nella costante reciprocità tra cognitivo ed emozionale, che diviene indispensabile promuovere e riscoprire le competenze emotive per poter attuare un progetto di umanizzazione. Ed è proprio questa una delle sfide della scuola del nuovo millennio: l’attenzione alla dimensione emotiva, perché solo attraverso la gestione di sé e la consapevolezza sociale si possono creare e condurre efficaci relazioni interpersonali; e solo con la consapevolezza della reciproca umanità è possibile una vera comprensione dell’altro. Per questo motivo è fondamentale promuovere la competenza emotivo-affettiva attraverso un’educazione che richiede, però, ristrutturazioni dell’intero contesto comunicativo-relazionale e, di conseguenza, un impegno progettuale-costruttivo. L’aver cura, d’altronde, si attua nella disponibilità cognitiva ed emotiva a porre le proprie risorse nella relazione con l’altro: la cura educativa, infatti, è finalizzata a mettere l’altro nelle condizioni di provvedere ai suoi bisogni, promuovendo la capacità di aver cura di sé per divenire capace di pratiche di cura verso gli altri. Come insegna il Piccolo Principe, se ogni uomo nell’incontro autentico con l’altro si apre alla comprensione, instaura con lui una pratica di cura attraverso un essere in relazione che diventa dialogo, comprensione e accettazione della diversità; ed è proprio in linea con quanto detto finora che ogni insegnante, educatore, genitore dovrebbe percepire le sfumature delle singole diversità per accompagnare l’educando nel proprio percorso educativo, non elargendo sapienza, ma fede e amore (come sostiene Gibran).
Un sistema inclusivo considera l’alunno protagonista dell’apprendimento, qualunque siano le sue capacità, le sue potenzialità o i suoi limiti, perseguendo contemporaneamente la strada dell’uguaglianza e la strada della diversità: in tal modo la classe si trasformerà in una comunità che apprende, una comunità dialogica e di pratica attraverso l’apprendimento cooperativo che origina, a sua volta, un apprendimento significativo. A tal proposito, vengono presentati due modelli didattici: la differenziazione didattica e il nuovo apprendimento cooperativo, che presentano finalità comuni e che, se agiti nel contesto reale della classe, possono acquisire la forma di un vero e proprio “sapere pratico”. Oggi, in un clima di diversità e complessità in cui ciascuno appare pluridimensionale, unico e irripetibile, la didattica inclusiva va intesa come una didattica attenta a ciascuno, che risponde ai bisogni di ogni alunno e, quindi, rivolta al gruppo classe, progettata in modo che accolga, comprenda e includa tutti gli alunni e li ascolti per individuarne le caratteristiche personali, così da promuovere l’espressione più completa e autentica della loro individualità, attraverso un percorso di sviluppo autonomo e originale all’interno di una logica di condivisione e solidarietà.
Questo volume, che altro non è se non una vera e propria guida teorico-pratica per tutti coloro che fanno o vogliono far parte del mondo della scuola (ma una scuola che sia realmente inclusiva), si conclude con la presentazione di una serie di strategie, esercizi, ipotesi concrete e percorsi di inclusione che gli insegnanti possono riproporre e realizzare in classe (in ogni ordine e grado) evidenziandone modalità, strumenti e finalità e sottolineando come il contributo della didattica speciale sia fondamentale per il successo di ciascuno, mettendo sullo stesso piano non solo una progettazione integrata, ma anche il ruolo fondamentale del docente per le attività di sostengo. Rilevanza, inoltre, viene data anche al peer-tutoring, ossia il tutoraggio tra pari, visto come tecnica e metodologia didattica molto utile e funzionale ai fini di un apprendimento maggiormente efficace: ciò perché esso rappresenta un aiutarsi stando “alla pari”, originando un approccio cooperativo all’apprendimento. Attraverso tali strumenti, gli alunni con bisogni educativi speciali hanno la possibilità di incrementare i livelli di competenza, accrescere i livelli di interesse e motivazione, provare sensazioni di benessere emotivo-cognitivo che garantiscono un’auto-affermazione individuale.
Questo libro si impegna nella diffusione di buone prassi utili ad avere un quadro del panorama della scuola italiana nonché a offrire un aiuto significativo ad altri e a riceverlo quando necessario. Ciò di cui la scuola inclusiva necessita affinché diventi realtà, infatti, è un’integrazione delle varie azioni positive intraprese a differenti livelli.
Maria Elena Losito
Educatrice, Pedagogista, Pedagogista Familiare ANPEF