Categoria: | Quaderni |
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Il movimento cattolico pugliese (1881-1904)
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Nell’anno 2006 viene attivato l’insegnamento di Filosofia ed Estetica della Musica presso il Conservatorio “N. Piccinni” di Bari, nell’ambito dei bienni di Composizione e di Composizione a indirizzo tecnologico: il sapere/pensare la musica riannoda le sue sorti al fare/comporre musicale. Da qui nasce il progetto del Festival di Musica e Filosofia attraverso il quale discipline tradizionalmente riservate ad élites intellettuali ed artistiche possono avvicinare un pubblico più vasto semplificando il linguaggio specialistico, senza rinunciare al rigore epistemologico. In questa maniera il pensiero musicale torna a misurarsi con le grandi domande della nostra epoca, gli interrogativi e le inquietudini delle giovani generazioni, il disagio delle generazioni mature, i dubbi della ricerca, i valori dell’arte, della scienza, della politica, il destino dell’esistenza individuale e collettiva, proponendosi con mezzi innovativi e interattivi.
“Parlare il corpo” con le sue maschere, a cominciare da quella che nella nostra cultura è la superficie più letterale: l'abito, forma di un rapporto del corpo con il mondo e con gli altri corpi. L'abito riveste, e nella iterazione è il richiamo a successive e infinite superfici, a una metamorfosi, che fa sì che il punto limite del corpo non sia il “corpo nudo” ma il ripetersi dei rivestimenti. La moda rappresenta una scrittura dell'abbigliamento, e qui 'scrittura' sta per tutto ciò che traduce, interpreta, costruisce e decostruisce il corpo, superandosi sempre: la moda si origina nel contrasto tra travestimento e carattere, e si fonda sul paradosso dell'obbligatorio e dell'immotivato. Solo l'abito e il maquillage possono esemplarmente esporre il corpo a un rapporto con la letteratura, l'iconografia, il mito, l'immaginario, le tecnologie, poiché ne “abbassano” la dignità fino alla frivolezza. Il rapporto tra scritture valica la sistematicità di struttura: è una scienza 'poco seria”, singolare e un po' curiosa di tutte le altre scienze.
Le vicende politico-amministrative dei più importanti Comuni in Terra di Bari (Monopoli, Bari, Bitonto, Trani, Molfetta, ecc.) le lotte, spesso aspre e senza esclusione di colpi, all’interno di un ristretto nucleo di famiglie nobili e “popolari” per il controllo del comune, l’emergere, a livello politico, della borghesia agraria e intellettuale, in un’ampia e approfondita analisi che può considerarsi come una vera e propria storia dei “ceti dirigenti” cittadini in un periodo così denso di avvenimenti per il regno di Napoli come i secoli XVI-XVIII.
I saggi qui raccolti portano su diversi livelli di discorso. È preminente quello della magia e della scienza attraverso le pratiche letterarie e in relazione con queste (nel teatro, nel romanzo, nella poesia e nelle riflessioni filosofiche), ed esso rivela la 'tentazione' antropologica nella lettura critica. Il secondo livello mette in evidenza problemi culturali che fanno da sfondo a specifiche opere letterarie dell'Ottocento francese (la gastrologia, l'erotologia). Il terzo, infine, offre all'analisi testuale particolari approdi nel campo della traduzione letteraria (La Fontaine, Césaire) e in quello della scrittura della scienza (Cabanis e Zola). Esorbitante rispetto a questi tre livelli, e in realtà filo che li percorre tutti, è il tema della popolarità. Esso conduce ai Mots di Sartre. Infatti, se la scrittura è segno magico, è il popolare che ne recupera il senso nella pratica letteraria.
Questa “vita scritta da lui medesimo” attraversa la seconda metà del XX secolo dando conto dell’attitudine multi-esperenziale dell’Autore: la grande utopia del teatro, l’amore per la politica, la difficile prova del “civil servant”, lo studio dei fondamenti dell’economia aziendale, la costruzione di biblioteche ed ecomusei, l’esperienza di editorialista. Secondo Ennio Corvaglia e Nicola Saponaro è un libro scritto da un intellettuale “più scomodo che organico” in cui di certo “res nostra agitur”.
Prologo di Ennio Corvaglia
Epilogo di Nicola Saponaro
Di volta in volta considerato un “caso”, e respinto in quanto tale, o innalzato alle dimensioni del mito, il personaggio di Antonin Artaud ha suscitato a lungo risposte emotive più che discorsi critici. Colui che definì se stesso “un buco senza cornice” doveva diventare una specie di schermo vuoto sul quale la società proiettava i suoi fantasmi. Già all'atto della pubblicazione della Correspondance avec Jacques Rivière (1924), il gruppo di Breton si annette il giovane spiritualista e gli affida la direzione del “Bureau de Recherches surréalistes”, del quale egli guiderà l'attacco generalizzato ai valori della società. È il primo fraintendimento, che diventerà palese quando Artaud rifiuterà, in nome dell'urgenza della “rivoluzione mentale”, di condividere l'impegno politico dei surrealisti. Mentre risale a quel primo periodo l'immagine di un Artaud araldo dell'antipsichiatria, ispiratore e modello dei tossicomani, i grandi testi teorici e l'esperienza del teatro Alfred-Jarry ne faranno un pioniere dell'auspicata rivoluzione teatrale. Ma quanto può rimanere, se non a livello puramente tecnico, se si laicizza una teatrologia di derivazione esoterica, in cui si realizza l'incontro della tradizione eraclitea e del pensiero orientale? Il terrorismo apocalittico delle Nouvelles Révélations de l'Etre (1837) appare strettamente collegato con il fallimento dell'avventura messicana e con il vanificarsi del sogno di una rivoluzione “indianista”, eppure i due episodi faranno sì che Artaud si trovi arruolato dai politici di destra e di sinistra…
A quarant'anni dalla morte (1948), disponiamo finalmente dei XXII volumi dell'edizione Gallimard, che ci consentono di orientarci nel labirinto dei testi scritti negli otto anni trascorsi nel manicomio di Rodez e nei due ultimi anni, punteggiati di scandali. Al di là del folklore solleriano e del “rifiuto delle letture”, in nome dell'autoaffermazione dei corpi (lo “stato Artaud”), questo Itinerario risponde all'esigenza di eseguire il costituirsi e i crolli successivi delle impalcature culturali del poeta, per ricominciare a leggere Artaud, in relazione innanzitutto con se stesso.
Ho studiato il postmoderno al CeaQ, seguendo i seminari di Michel Maffesoli. Ho partecipato al workshop di Franko B e l'ho intervistato. Ho recensito performance in Italia e in Francia. Ho intervistato Kyrahm e Julius Kaiser, Angélique Cavallari, Manuela Centrone, Marco Fioramanti (per quanto riguarda la Body-Performance-art), Antonio Bilo Canella, per quanto riguarda la performazione teatrale. Infine ho performato io stessa. In questo saggio racconto la mia iniziazione. Attraverso il viaggio nel mondo delle arti performative voglio mostrare come questo contatto divino tra pubblico e artista avvenga non solo a un livello esterno di immedesimazione, ma fino al punto da eliminare la distanza tra pubblico, artista e opera e rendere possibile una fusione olistica, come rito di passaggio da uno stato di coscienza individuale verso una coscienza collettiva, tribale, postmoderna, sacra e profana che tutto impregna e trascende. (i.p.)
La corporeità è il filo conduttore dei quattro saggi proposti, che vanno da uno studio della danza come scrittura ed elaborazione segnica evidente in Il corpo che scrive danzando, ad una corporeità come dannazione, involucro in cui siamo rinchiusi, nella libera sceneggiatura della favola di Andersen Le scarpette rosse, passando dal corpo sinuoso dei gatti del musical Cats, allegri, gioiosi ma anche schivi e restii al contatto in Il segreto della magia di Cats, fino alla corporeità come canale comunicativo privilegiato all’interno del rapporto terapeuta-paziente analizzato in Il corpo in analisi.
Al di là di ogni impostazione dettata dalla razionalità, saranno le componenti emotiva e corporea a determinare le nostre azioni e a guidarci, fuggendo da ogni tentativo di tenere tutto sotto controllo.
Quello che si propone è un volo radente fino a sfiorare questo mondo che spaventa in quanto incontrollabile, ma che ci appartiene più di quanto possiamo immaginare.
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