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Macchinùmano scrive i suoi versi installato nella consapevolezza di essere coinvolto in un processo di mutazione personale e del suo mondo: il suo corpo e la sua anima stanno per diventare una macchina, un artefatto, un congegno.
Il suo tempo è in transizione dal tempo biologico al tempo meccanico.
Sente questo mutamento come una minaccia che mette in dissesto la sua esistenza. Questa è la sua prospettiva, il lembo marginale dal quale scrive.
Il suo mondo è una città che segue il processo inverso: è un conglomerato meccanico che sta diventando umano.
Il suo tentativo è quello di ricreare la realtà e cerca in sé uno strumento, l’ultima cellula rimasta umana, per compiere la sua impresa disperata.
Martìn Ibarra y Pèrez (Cartagena, Spagna – 1956) è laureato in teologia all’Università Pontificia di Salamanca, Spagna. Come pastore dell’Unione delle Chiese Evangeliche Battiste, ha lavorato in associazioni di volontariato in Spagna e in Italia per il recupero di tossicodipendenti e per il sostegno di persone emarginate.