«Bisogna avere un caos dentro di sé per generare una stella danzante», diceva Friedrich Nietzsche, e il caos che ha in sé la dott.ssa Cinzia Ponticelli – formatrice, pedagogista e counselor – ha dato origine ad una bellissima e utilissima stella danzante: la DANZARMONIA.
Il nostro corpo ci appartiene e ogni giorno ci parla. Saperlo ascoltare risulta indispensabile, soprattutto se consideriamo l’uomo come un essere olistico composto di corpo, mente ed emozioni: da tal punto di vista nessuno di questi elementi può esistere senza l’altro. Ed è per questo motivo che emozioni e movimento risultano collegati a filo doppio, perché ognuno esercita un’influenza sull’altro generando conseguenze. Il movimento, infatti, è connesso agli stati emotivi interni che attraverso esso possiamo riequilibrare.
È esattamente in questo quadro che interviene la Danzarmonia ideata dalla dottoressa Cinzia Ponticelli la quale, unendo il counseling e la passione per la danza, ha dato vita a tale Modello di intervento, che si presenta come una porta d’accesso alla personalità tramite il canale corporeo e il movimento; e utilizzata con successo con alunni, insegnanti e genitori all’interno di scuole, università e seminari.
Ma perché il Counseling e la Danza? cosa li accomuna?
Il counseling nasce nel 1952 all’interno di una nuova prospettiva della psicologia umanistica, che estende i propri interventi in ambiti diversi da quelli terapeutici, quali quelli educativi, aziendali e sociosanitari; uscendo da quella nicchia in cui era sempre stata rinchiusa e aprendosi, invece, al sociale e al quotidiano. In quest’ottica, il counseling non dispensa ricette, bensì rende ciascuno partecipe del proprio malessere, permettendogli di cogliere da sé il percorso migliore da intraprendere e d’individuare da solo le giuste soluzioni da attuare per venirne fuori, addestrando all’indipendenza e all’autonomia. Per tali motivi, il counseling non è terapia ma relazione d’aiuto che può generare un ampio processo di cambiamento e crescita, andando ben oltre la semplice risoluzione del problema: permette la conoscenza di sé, delle proprie aree problematiche e di quelle sane, analizzando le prime e potenziando le seconde.
Con il counseling, dopo aver individuato il problema specifico, si procede a delineare l’obiettivo da perseguire insieme e il tempo massimo in cui perseguirlo: in genere sono sufficienti 10 o 12 incontri a meno che non sia il cliente stesso, in seguito al raggiungimento del suo obiettivo, a sentire il bisogno di andare maggiormente in profondità dando il via al proprio processo di consapevolezza; anche in questo caso, però, le modalità saranno quelle già descritte.
Il counselor, insomma, può essere definito come la persona che, in un contesto professionale, è capace di sostenere in modo adeguato una relazione con un interlocutore, che manifesta temi personali, privati ed emotivamente significativi, indirizzandola verso la possibile soluzione di una problematica (presente in un determinato ambito o nata da difficoltà relazionali che possono impedire la libera espressione individuale) e favorendo lo sviluppo e l’utilizzazione delle sue potenzialità.
Il counseling può essere considerato come vera e propria arte maieutica che aiuta le persone ad aiutarsi. Per tali motivi non esiste un campo specifico di attività per il counseling il quale, dunque, si è affermato in diversi campi professionali in diversi modi: individuale, scolastico, filosofico, aziendale, psicologico, sportivo, sociale, storico, pedagogico-rieducativo, di comunità, e così via. Il tutto mantenendo come parola chiave quella della SALUTE (la psicoterapia, invece, si centra sulla parola PATOLOGIA).
Aspetti fondamentali nel counselor, quindi, sono la consapevolezza e la gestione della propria interiorità e delle proprie emozioni, così da poter entrare in sintonia emozionale con il proprio cliente e distinguere una emozione da un sentimento e da uno stato d’animo, evitando di lasciarsi inglobare dal problema del cliente o farsi fortemente coinvolgere a livello emotivo. A ciò si aggiunge l’utilizzo di precisi strumenti diagnostici nonché l’esperienza pratica personale e di rielaborazione, che permettono al counselor di sperimentare su sé stesso il lavoro di guida che andrà a svolgere con i propri clienti. Tutto questo, seguendo il filo conduttore della capacità di ascolto.
La formazione del counselor prevede un corso di studi che abbia una durata perlomeno triennale presso specifiche scuole con orientamenti differenti, in seguito ogni counselor sceglierà il proprio personale orientamento.
Esistono, tuttavia, teorie di counseling integrate, ovvero non riconducibili a un’unica scuola di pensiero o una singola impostazione. Tra queste c’è il Modello della Didattica della Comunicazione, un Modello Integrato della Comunicazione intrapersonale-interpersonale in cui confluiscono diverse teorie, metodi e tecniche: ideato dal prof. Enrico Maria Brescia per essere strumento nelle mani di tutti i professionisti del settore didattico-educativo, il Modello permette di affrontare diverse situazioni, persone e momenti, rispondendo alle problematiche poste dall’interazione nell’ambito citato.
Alla base di tale Modello è presente una visione olistica della persona, visione che considera quest’ultima suddivisa nelle tre diverse componenti di mente, emozione, corpo. In particolare, questo approccio sostiene l’interdipendenza di tali componenti, con conseguente cambiamento del tutto al variare anche solo di una di esse. Viene generata, così, una visione globale dell’individuo che mette al centro del processo rieducativo-terapeutico la persona, aiutandola a riconoscere parti di sé non riconosciute più come tali e, di conseguenza, determinati comportamenti e relazionalità.
La danza, invece, secondo elemento di questo connubio di passioni che ha generato la Danzarmonia, ne è parte in quanto espressione di ciò che si ha dentro ma, al contempo, ne è mezzo di comunicazione: la danza, infatti, permette di entrare in contatto con le proprie emozioni più profonde, riuscendo a esprimerle attraverso movimenti. Per questo motivo sono importanti la tecnica e la forma, in quanto si tratta di un’arte che si svolge alla presenza dello spettatore e, dunque, non svincolata col senso estetico. Al contempo, risulta in essa fondamentale anche la capacità di emozionare ma soprattutto di emozionarsi, entrando in contatto con il proprio Io e generando, così, autoconsapevolezza. Essa, insomma, resta altresì forma di espressione di sé e di contatto con la propria identità.
La danza si configura come forma d’arte completa, capace di portare il soggetto che danza a un elevato contatto con il suo Io più profondo e, al contempo, di rendere comunicazione questo alto grado di intimità attraverso l’utilizzo di simboli, gesti e movimenti propri del quotidiano; che vengono a perdere il loro significato originario o comune per riempirsi di significati totalmente nuovi e legati al “qui e ora” del testo danzato.
Non solo forma d’arte completa, dunque, ma anche piena di forza, in quanto risulta luogo privilegiato dell’autoconsapevolezza, della materialità, del rapporto io – altro, della segnità e della segnalità, dell’alterità e della responsabilità.
È questa sua forza ad aver ispirato quella corrente di counseling oggi utilizzata in svariati campi, con fantastici risultati: il riferimento è al counseling espressivo.
Alla luce delle caratteristiche di questi due elementi – counseling e danza – mi sembra evidente lo stretto legame esistente tra loro; legame che ha portato la dott.ssa a compiere una serie di studi che hanno consentito la nascita di un’interazione sfociata, appunto, nella Danzarmonia, intesa principalmente come approfondimento dell’aspetto corporeo. Aspetto esaminato dalla Didattica della Comunicazione, essendo considerato come possibilità di accedere al canale cognitivo, emotivo o corporeo in un’ottica olistica e, quindi, con il coinvolgimento reciproco dei tre canali. L’intervento che ne è risultato rientra nel counseling espressivo – integrato, in quanto utilizza da un lato tecniche espressive che partono dalla danza e dalla corporeità in genere, e dall’altro integre diverse conoscenze a livello teorico, pratico e corporeo, dando ulteriore valore alla teoria olistica.
La Danzarmonia, infatti, dal momento che il corpo risente dei nostri blocchi emotivi, cerca di effettuare un intervento che parte dalla lettura del corpo del cliente (analisi), per poi procedere con esercizi rieducativi attraverso i quali si interviene sui blocchi del corpo stesso (intervento). In seguito a tali esercizi, proprio grazie al counseling, si potrà passare alla rielaborazione emotiva del problema all’origine dello stress, che ha causato la somatizzazione di cui ci si è occupati.
Forte e necessaria è, dunque, la visione olistica. In particolare, tutto questo è reso possibile nella Danzarmonia grazie all’individuazione e schematizzazione delle sue quattro aree di intervento principali: Percezione di sé, Incontro con l’altro, importanza della Vitalità, Armonia con sé stessi, che originano l’acronimo P.I.V.A.
Nel dettaglio, la Percezione di sé è il primo livello su cui lavorare perché di fondamentale importanza per un approccio sano con sé stessi e con l’altro. Attraverso questo livello, infatti, si mira a raggiungere una buona conoscenza del proprio sé corporeo, attraverso specifici esperimenti studiati per entrare in contatto col proprio Io, ascoltandosi.
Il secondo livello su cui lavorare è quello dell’Incontro con l’altro ed è strettamente correlato al precedente, in quanto il mio essere presuppone già un essere in relazione: la Danzarmonia crea, a tale proposito, spazi privilegiati all’interno dei quali viene data la possibilità di confrontarsi, riscoprendo la propria alterità e rivalutando l’altro fuori da sé; verificando modalità di incontro diverse, nuove e stimolanti; instaurando un contatto tra corpi, con tutte le emozioni che questo comporta.
Il terzo livello, quello della Vitalità, lavora invece sul “pensiero positivo” e (con particolare riferimento alla teoria dell’Analisi Transazionale, sullo Stato dell’Io Bambino) tira fuori dalle persone tutti quegli aspetti troppo spesso repressi, attraverso esperimenti molto semplici e ludici.
Il quarto livello, infine, quello dell’Armonia, rappresenta il punto di arrivo ma anche il tema sempre presente e sotteso alla Danzarmonia: l’armonia è ciò che si cerca sempre di far raggiungere ai partecipanti degli incontri e riguarda non solo l’armonia di gruppo ma anche l’armonia tra le singole persone e, soprattutto, l’armonia con sé stessi. È proprio il lavoro sui tre precedenti livelli che permette una nuova visione di sé e, quindi, uno stato nuovo di armonia.
Completano il manuale due capitoli: il primo in cui si riportano dettagliatamente le esperienze di Danzarmonia realizzate all’interno di diversi istituti scolastici, sia con alunni sia con insegnanti; il secondo in cui vengono riportati alcuni esperimenti di Danzarmonia, delineati secondo obiettivi, setting e descrizione dell’esercizio, che coinvolgono le quattro aree del P.I.V.A. , e che rendono l’idea di come tutto ciò di cui si parla nel libro possa essere messo in atto da tutti quei professionisti del settore che vogliano adottare questa innovativa metodologia di counseling. Tutto ciò di cui questa modalità necessita per essere messa in pratica, infatti, è un percorso di micro-counseling in Danzarmonia o in Didattica della Comunicazione, al fine di evitarne un utilizzo improprio legato all’inesperienza o alla mancanza di professionalità di chi li svolge.
Maria Elena Losito – Educatrice e Pedagogista Familiare