Quando vivono una grande paura, i bambini hanno bisogno di raccontarla più volte. Spesso la tendenza del genitore è quella di distrarre “Dai, ora non pensiamo alle cose brutte, andiamo a comprare le caramelle!”. Questo a livello neurologico è pericoloso perché confonde il bambino, al quale restano aperti grossi interrogativi sia su quanto è accaduto, sia sulle cause. Se c’è ancora la forte presenza dell’emozione, è corretto aiutarlo ad affrontarla in modo efficace, non tentare di fuggirla. Invitiamolo quindi a parlarne, aiutandolo a mettere fuori il proprio vissuto; più il bimbo è piccolo, più avremo un ruolo attivo nel racconto. Esempio: “Che è successo amore? Sei caduto e ti sei fatto la bua? E ti fa male il ginocchio? Te lo sei sbucciato ed è uscito il sangue? Povero piccolo mio, ora ti brucia?”, è un tipo di dialogo dove il bambino, anche di pochi mesi/un anno, si limiterà a dire di “sì”. Man mano che cresce, sarà lui a formulare meglio l’accaduto e raccontarci “Stavo correndo con i miei amici e non ho visto una buca. Sono caduto e mi sono sbucciato il ginocchio; mi fa male e mi sono molto spaventato per la brutta caduta”. Grazie alla rielaborazione cognitiva portata avanti tramite la logica dell’emisfero sinistro del nostro cervello, la parte emotiva (emisfero destro) avrà modo di calmarsi e rasserenarsi, rielaborando quanto accaduto.
L’esempio fatto per l’emozione della paura, vale per tutte le emozioni. La regola generica sempre valida, è di non ignorarle, tener ben presente che fanno parte della vita del bambino e che per i primi 3 anni almeno sono loro a governare la sua mente e a generare le relative reazioni comportamentali.
Importante anche tener presente che il bambino impara a conoscere e riconoscere le proprie emozioni attraverso il confronto con i genitori, che fungono da specchio al suo mondo interiore. Per questo è importantissimo che, davanti ad un’emozione provata, il genitore la sappia esprimere e soprattutto non la neghi. Nella comunicazione prevale il canale non verbale; pertanto se il viso della mamma è triste ma lei dice che non ha niente, il bambino è confuso e non capisce se è la mamma a mentire o è lui a non saper leggere le emozioni. In entrambi i casi, gli arriva un messaggio negativo.
Dott.ssa Cinzia Ponticelli
Pedagogista Albo APEI – Counselor – Formatrice Albo Professionale AIF
Testo ed illustrazione tratti dal libro “Con gli occhi dei bambini. Manuale per apprendisti genitori” di Cinzia Ponticelli e Florisa Sciannamea, Edizioni dal Sud, Bari 2016.