Qualche mattina fa sono stata in una scuola superiore per il consueto appuntamento con lo SPORTELLO PEDAGOGICO che con grande dedizione sto curando.
Ho fatto 4 consulenze a 4 diversi ragazzi, individualmente. Ognuno di loro è partito da una difficoltà diversa: a relazionarsi con i compagni di classe, a trovare un metodo di studio, ad uscire con gli amici, a capire quali percorsi intraprendere dopo le scuole superiori.
Durante il colloquio di counseling pedagogico, con ciascuno di loro abbiamo compiuto dei percorsi che hanno portato alla stessa radice delle loro difficoltà: il rapporto con i propri genitori. Seppur partendo da problematiche differenti, è questo che maggiormente influenza tutti loro nel non riuscire ad essere performanti al 100%. Alcuni di loro, le ragazze, in particolare, erano in lacrime nel parlarmi di genitori assenti o comunque incapaci di accogliere, ascoltare, offrire supporto e quello che semplicemente basterebbe: presenza.
Vado via dalla scuola avviando le mie riflessioni in merito…
Nel pomeriggio dello stesso giorno sono stata nel mio studio pedagogico. Ho incontrato Antonella, la mamma di un ragazzo di 17 anni. Uno dei motivi principali del malessere della mia cliente è il rapporto con lui; inesistente, superficiale, conflittuale. Anche Antonella piange e nelle sue parole molto sofferte, questa madre mi parla di un ragazzo che tanto mi ricorda i ragazzi incontrati la mattina e così inevitabilmente la guido a guardare il mondo con gli occhi di suo figlio e a come, dietro il conflitto e il chiudersi nei suoi silenzi, lui molto probabilmente nasconda un grande bisogno: quello della presenza di sua madre. Analizziamo il modo in cui lei prova ad aprire un dialogo, individuiamo alcuni errori tipici come ad esempio fare la ramanzina, giudicare, consigliare… e provo a guidarla in due direzioni:
1. stare in ascolto e, semplicemente, esserci.
2. provare ad essere lei generatrice di occasioni diverse di incontro con suo figlio.
Oggi pomeriggio ho incontrato Antonella nuovamente nel mio studio; è felice. Ha invitato per la prima volta in 17 anni suo figlio a mangiare una pizza fuori insieme. Solo loro due. Lui, al contrario di quello che lei temeva (“Mi guarderà storto”, “Mi dirà che sono impazzita”, “Non verrà mai”…) è stato entusiasta della proposta. Hanno scelto assieme un posto, hanno cenato, chiacchierato piacevolmente, bevuto e riso.
Sono felice con te, Antonella.
Insieme abbiamo dimostrato che stare male noi genitori in cucina e i nostri figli nelle loro camerette è uno stato che si può superare. Aprendo le porte, abbattendo i muri, i pregiudizi reciproci.
Comunicando. E con tanto amore.
Dott.ssa Cinzia Ponticelli
Pedagogista – Counselor – Formatrice
Titolare di Education dal Sud, via Dante Alighieri, 214 – 70122 Bari
Grazie per il tempo che hai dedicato alla lettura di questa mia breve riflessione pedagogica!
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